mercoledì 30 aprile 2008

Paolo e Sharon

La terrazza

Prima o meglio, durante,,,



e Dopo



Paolo e Sharon

Lo Studio

Prima e Dopo,,,

Paolo e Sharon

Il soggiorno...

Prima,,,




e Dopo,,,



Paolo e Sharon

Il corridoio...

Prima e Dopo,,,


Paolo e Sharon

Io e Sharon abbiamo deciso di riformaree un po' casa e queste sono le foto dei lavori e della casa finita...

Prima e Dopo,,,



La Palma (Isole Canarie)

L'ultima vacanza fatta all'isola di LA PALMA, anch'essa dell'arcipelago Canario.
alcune foto...



Poesie

Di seguito troverete alcune delle poesie scritte da me...


?PERFEZIONE...

Immerso in un sogno
incantato da un rosso
come il sangue del mondo.
Piango come il vento
che corrode l’anima dei non viventi,
come il mattino del nostro tempo malato.
Disgusto incontrastato,
giorno fatto di una vita passata.
Mi guardo e non sono io.
Mi guardo e non mi vedo.
Sono perso.
Sono perso perché non sono.
La luce che in me vedevo
ora è lontana,
mi ha lasciato.
Il mondo intorno a me
non lo comprendo.
Si esprime in una lingua
che non è mia.
La mia parola è vuota del suo senso.
La mia vita non è,
non ricordo dove l’ho lasciata.

OMBRA

Non ho parole.
Non ho soluzioni.
Non ho risposte.
Ho solo un cuore piccolo così,
ma batte ad ogni tuo sorriso.
Fratello, più di un fratello.
Innamorato dell’amore più puro.
Da “qui” ti sono vicino, sempre vicino.
Come l’ombra che ti segue,
ma che mai ti impedirà di camminare.
Basta che la guardi e lei ti indicherà il sole
senza indicartelo.
L’ombra senza parole, unita a te
che cambia con te, ogni giorno,
per quanto le sarà concesso.Da “qui” per sempre.

GUARDA

Sofferenza, calma, scelta.
Nomi spostati nella mente di chi è poco.
Vivendo nella coscienza del conosciuto.
Impossibile rifiutare.
Sensazioni fin troppo vive
spero di giocare con un pensiero
mi guardo e ho certezze.
Mi ascolto, mi parlo,
ma è così difficile accettare.
Mi è stato chiesto di cambiare,
non perché sbagliato,
ma perché giusto.
Ho scelto.
Anche questa volta ho scelto.

E’ tutto così difficile...
Pensare da Uomo?
Mi viene chiesto di non pensare da Uomo.
Sento il tempo arrivare
sento il vento che mi vuole con se.
Distacco nel non distacco questo è il segreto.
Vivo nella consapevolezza dell’oggi
e nella certezza di scelte da fare.

Pazzo?!
?
Sono io quel pazzo.Per sempre.

CI SONO

Sento il sole che si alza
lo sento al di la del tempo.
Vedo un occhio che si apre,
è il tuo.
Sento uno sbadiglio
e tutto questo mi commuove fino alle lacrime.
Non pensavo,
non credevo.
Ora ho in me la veglia della notte.
Mi sento accompagnato dall’amore che è in te.
Il rumore del mattino che confonde la pace della tenebra
scioglie l’animo di chi è partito.
Ho il sapore di un corpo lontano
che, nonostante tutto, è il mio.
Al di là del mondo sono arrivato,
al di là del rumore sono passato,
ora ti vedo nell’ombra dei miei occhi.
Ora vedo dietro i miei occhi.
Ora ti vedo.
La semplicità è il pensiero che mi ha fatto viaggiare.

LACRIMA

Ho sentito la voce del mondo.
Ho sentito le lacrime.
Ho sentito la gioia e la disperazione.
Tutto in un pensiero durato una lacrima.
Ho visto una madre.
Ho visto io padre.
Ho visto mio figlio nelle braccia della donna che amo.
Quando quella lacrima è scesa
tutto era in me e io ero nel tutto.

L’attimo di una vita fatta di momenti
è sparita nel pensiero del mio umano.
Porto in me le risposte che ancora non conosco
vedo ciò che mi è ancora nascosto.
Vedo ciò che devo fare.
La lacrima che dai miei occhi oggi è venuta
la offro come garanzia del mio impegno.

Nell’attimo della Lacrima io vivrò
offrendo la mia forza.
La Lacrima è disperazione e tristezza,
è gioia e tenerezza,ma soprattutto Amore.
Io, guerriero, sono pronto per la guerra
e darò il mio cuore fino in fondo.
Ora imparerò per sempre.
.
Ora la mia mente è occupata solo
dall’Amore che porto in me.


IO

Il sogno confuso mi accompagna,
frenetico il mio Io cerca di capire,
ma tutto è troppo confuso.
Stanco di un amore che ricerca se stesso
mi appago di briciole cadute dal tavolo.
Il desiderio di sentirmi invaso dall’amore
mi porta sull’orlo della pazzia.
Non vedo, ma credo.
Il mio Io scalcinato cigola,
cigolano le mie ossa che sognano la carne,
cercano il riposo di una mano amica
che ti accarezza e ti fa sentire uomo.
Tutto questo non è per me?
Perché devo soffrire tanto ?
qual’è la ricompensa?
C’è una ricompensa che mi faccia riposare?
La forza è mia compagna e comunque mi rialzerò.Ora, però, voglio piangere

CUORE

A volte capire non è necessario
credi, accetta.
La voglia di penetrare nelle cose
può essere il motivo che te ne lascia fuori.
Trova Il sentimento, seguilo
ti porterà alla comprensione di un mistero
fatto di sensazioni che, altrimenti,
non potrai mai comprendere.
Lascia i tuoi pensieri, lascia che il tuo cuore parli,
impara a sentirlo.
La mediazione della mente spesso
devia il nostro spirito verso luoghi inesistenti.
Il mondo che ci circonda è fatto per ingannarci.
Non lasciare che vinca sui tuoi sentimenti,
vivresti una vita di carta,
fatta di inchiostri che sporcano
il tuo spirito.
Non vivrai mai con te ne con nessun altro.
Imparare è faticoso e doloroso,
ma la ricompensa sei TU.
Vale la pena rischiare.Lascia che il tuo cuore parli

MI MANCA

Voglio l’amore, voglio una carezza
un bacio delicato, un sospiro
la morbidezza di un altro corpo.

Voglio la passione di una mano che graffia.
Le labbra che si stringono,
un respiro, la tensione di un altro corpo.
Il sudore che scivola sulla schiena,
gocce che si muovono al ritmo
di muscoli che si contraggono.

Occhi che si chiudono,
in un momento di due
si è uno
al di la del tempo e della realtà
quella realtà che assilla i nostri pensieri,
in quel attimo si annulla.
Tutto questo mi manca.
Mi manca.

OGGI

Guardandomi, mi rivedo dopo un tempo
Mi sveglio nel dolore di un sogno che scelgo
e che non credevo di scegliere ancora…
Non lo voglio ma sembra che nulla dipenda da me
Rifiuto il presente che mi rivolta e mi accorgo di essere in una bara
Ascolto ciò che arriva
le parole che non mi vengono dette
Vedo il sorriso che avevo promesso di non guardare più.
Sento il silenzio intorno a me, che si richiuderà su di me
Io fermo nell’attesa della scelta di qualcun altro,
sapendo che non verrà…
sapendo che sceglierà senza di me.
Ora mi sento spettatore della mia vita..
Fermo ad un lato. Osservatore
Decisione
A volte vorrei poter non sentire poter non parlare.
A volte vorrei non esserci a volte vorrei
A volte vorrei
seguire i miei passi per sapere dove sono…
Svegliarmi credendo di essere diverso.
Mi chiedono i miei pensieri
Ma che pensieri
Non sono chiari neanche a me
Ora sono qui e mi guardo,
forse mi osservo,
sento le mie parole che sono vere solo nel presente…
La notte mi cancella…
a volte vorrei solo piangere
ma mi rido in faccia
e la gente pensa che sono più di quello che appaio
vorrei solo piangere
chiudermi nel mio mondo
piangere
Chiedo di essere senza sapere cosa vuol dire
chiedo di vivere avendo solo la sensazione di esserlo
chiedo perché chiedo se un giorno verrà…
chiedo se un giorno sarò
chiedo se un giorno quella nebbia
che ho davanti al cuore se ne andrà,
ma ho l’impressione quella nebbia è nei miei occhi
e a forza di stropicciarli si sono chiusi di più
perché è così difficile dire,
rimani qui,
resta con me
perché è così difficile dire
ti Amo.
Sentire il mio cuore tradotto da parole che non sono abbastanza
Sentire che si perdono nell’aria
Sentire che il mio cuore
Ama ciò che se ne andrà
Che mi lascerà
Che tutto quello che resterà saranno solo le mie parole
Parole che riecheggeranno nella mia testa
Chiedendosi perché
Chiedendo solo di trasformarsi in un amore
Che a volte mi sembra così vicino,
ma che nel mio cuore so che moriranno con me
questa notte…in una stanza che sembra troppo grande
Mi pongo le domande alle quali non ho risposte
Chiedo un rumore che mi dice, sono qui,e invece è solo il frigo che borbotta…

SPERANDO

Sperando che il passato si offuschi,
sperando di sciogliere i ricordi
sperando che il mondo si scordi di me.
Forse solo da spettatore, forse solo da lontano
vedrò il mio corpo che cammina, vedrò il vento
che cammina senza di me
senza che nulla mi tocchi
senza che il dolore mi attraversi.
In ginocchio cerco solo di rimanere fermo
sperando che il dolore si scordi di me e mi lasci in pace
Aspetto che mi si cicatrizzino le ferite che il mio corpo oggi accusa
si riaprono ferite che pensavo chiuse…
sembra che mi abbiano tolto i tappi che teneva dentro
il sangue che ora vedo sgorgare come un fiume in piena
ed io impotente posso solo guardare
perché non ho mani che possono fermarlo.
E spero solo di scordarmi di esserci
Spero solo di scordarmi di esserci mai stato.

Ora bramo l’effimera ebbrezza degli eccessi
Il rumore senza senso di liriche stonate
Le letture di pazzi come me che
Ancora convinti dell’esistenza
descrivono la vita come un pranzo di natale
descrivono la morte come la sazietà
come liberazione
liberazione da se stessi.

martedì 29 aprile 2008

DEMONI

Era giorno e lui lo sapeva, ma nelle caverne "dell' Inferno", così venivano chiamati i cunicoli nei quali i demoni conducevano la loro esistenza, era perennemente notte. Gorth era il più giovane ed il più strano tra i demoni, aveva le ali, delle lunghe ali da pipistrello con tre dita all'estremità che lui usava come braccia per scavare. Egli non sapeva volare, non aveva mai imparato, perché nelle grotte non serviva o meglio non si poteva, veniva schernito per l'aspetto goffo che le ali gli conferivano, erano evidentemente più grandi di lui e lo costringevano a camminare curvo. La sua andatura risultava molto divertente agli occhi degli altri demoni. Era schivo e solitario, aveva imparato a stare da solo o con il vecchio Parth. Un vecchio e stanco demone che gli raccontava di un mondo al di fuori dell’ inferno. Storie di quando i demoni vivevano con gli umani, (razza mitologica che viveva in un mondo molto diverso ) dei grandi spazi, del tetto del mondo, delle immense pozze d'acqua, nelle quali vivevano esseri giganteschi. Egli raccontava che un tempo tutti i demoni avevano le ali e forse la sua nascita era il segno che avrebbe dovuto far capire, a tutta la loro razza, che era arrivato il tempo di ritornare fuori.
Tutti i demoni lo consideravano un pazzo e nessuno gli credeva.
I demoni sono sempre vissuti nelle caverne...
Dicevano
Non c'è nulla al di fuori. Il mondo è questo. Gorth è nato deforme e la sua deformità è la condanna che si è meritato per la sua inettitudine.
Ma il vecchio Parth lo tranquillizzava
Vedrai che un giorno sarai tu a dominare, però dovrai trovare la via dell' uscita. So che esiste, è stata solo dimenticata, bisogna cercarla, ed io sono troppo vecchio e non ho la forza, ma tu puoi, tu sei giovane e forte noi due potremmo riuscirci, io con la mia esperienza e tu con la tua forza!
I due demoni si misero alla ricerca di questo passaggio che li avrebbe condotti al nuovo mondo. I giorni passavano lunghi e sempre più stanchi, il vecchio Parth, era sempre più curvo, segno della sua prossima fine e lui lo sapeva e lo sapevano anche tutti gli altri demoni. Ciò nonostante continuavano a deriderlo. Un giorno mentre Gorth scavava, il vecchio scorse sopra di lui una piccola fessura dalla quale penetrava della luce, quella luce che lui non aveva mai visto. Si fermò stropicciandosi gli occhi, non abituati a quella luminosità e si sedette su di una roccia mantenendo lo sguardo fisso sulla fessura. Il giovane demone guardandosi indietro vide il vecchio amico seduto, con un raggio di una strana luce che lo colpiva, non era normale quella luce, era qualcosa di mai visto. Parth era immobile come paralizzato. Gorth non lo aveva mai visto così, l’espressione del vecchio era serena, cercò con lo sguardo la fonte di quella luce e una volta trovata capì che vi erano finalmente riusciti, erano arrivati sulla soglia dell' inferno. La sua eccitazione era tale da non accorgersi che il vecchio compagno si era accasciato al suolo e che respirava a stento se non quando Parth raccogliendo le ultime forze, lo chiamò.
Giovane Gorth! Il mio tempo è venuto, siamo finalmente riusciti a trovare l'uscita, aiutami a morire fuori di qua, aiutami a morire nel luogo che ho tanto agogniato di vedere.
Gorth con le lacrime agli occhi, lo prese in braccio e lo portò alla luce.
Eccoci, mio caro amico, siamo fuori, il mondo del quale tu mi hai sempre parlato, ora è qui davanti ai nostri occhi. Sono così felice che potrei provare ad usare le mie ali, sento in me la forza di quella palla di fuoco che mi riscalda. E tu amico mio non senti tutto questo ?
Il vecchio era spirato appena prima di uscire, la sua espressione era ormai fredda, ma felice. Il giovane demone pianse a lungo, fino a che la grande palla di fuoco non scomparve e il freddo della notte non gli entrò nelle ossa. Rabbrividì e solo allora si accorse che il corpo del vecchio Parth era ormai polvere, rimase a contemplare il cielo e quei punti bianchi che disegnavano strane figure. Era tutto così nuovo e strano che gli mise addosso un certo disagio. Adesso doveva pensare : dire tutto quello che aveva visto agli altri demoni, o era meglio tacere. Decise che sarebbe stato meglio che nessuno avesse saputo dell'esistenza del passaggio. Nel tornare verso la zona comune, così veniva chiamato il luogo dove vivevano tutti i demoni, si accorse che era stato seguito e che ormai tutti gli altri demoni già sapevano della sua impresa e lo aspettavano. Alla luce di questi nuovi fatti credette opportuno pensare a come convincere gli altri compagni che avrebbero potuto vivere al di fuori dell’ inferno e che il vecchio Parth non era pazzo come dicevano. Esisteva davvero un mondo diverso lì fuori.
Arrivò e trovò tutti i demoni schierati. Uno di essi, il capo, prese la parola.
Tu hai contravvenuto alle regole dei demoni sei andato in zone dove ti era stato proibito andare e hai approfittato della pazzia del vecchio Parth, per trascinartelo dietro e poi ucciderlo!

No ! Non l'ho ucciso è morto quando abbiamo trovato l'uscita dalle caverne, era così felice di esserci riuscito che il suo cuore non deve aver retto.

Balle! Solo balle! Tu sapevi che il vecchio era malato ciò nonostante gli hai permesso di affaticarsi oltremodo. Per questo ora dovrai sottostare alla punizione che la legge dei demoni impone. Verrai legato nel Gotrhom e lì aspetterai fino a quando non verranno i Batworm a dilaniarti le carni. Così e stato deciso! Portatelo via!
Al giovane demone non venne concessa la parola oltre. Fu portato nel Gotrhom gli vennero legate mani e piedi e venne lasciato solo.
Il Gotrhom era una grossa caverna completamente vuota e quasi tonda dove anche il più piccolo rumore riecheggiava amplificato mille volte. I demoni erano molto sensibili ai rumori, così amplificati comunque avrebbero fatto impazzire chiunque.
I Batworm erano delle specie di vermi alati lunghi circa mezzo metro, erano muniti di denti ricurvi che conficcavano nelle loro prede per poi strapparne le carni.
Passarono ore di completo silenzio. Il giovane demone incominciò a sentire il battito delle ali dei Batworm, si stavano avvicinando. Preso dalla disperazione Gorth incominciò dimenarsi e con suo sommo stupore si rese conto che non gli avevano bloccato le ali. Il rumore era ormai assordante. Stava impazzendo e uno di quei vermi si stava lanciando contro di lui.
Riuscì a slegarsi appena in tempo, il verme si schiantò al suolo facendo tanto fracasso che i timpani di Gorth quasi si ruppero. Incominciò a correre, i suoi rumorosi passi lo stordivano, ma finalmente, aveva trovato l'uscita e continuò a correre.
La fuga non passò inosservata. Alcuni demoni lo videro e diedero l'allarme. Da lì a poco tutti gli furono dietro lanciando pietre e sassi.
L'unica via di uscita era il passaggio nella zona proibita. Si diresse verso di essa correndo più veloce che poteva . La sua goffaggine, dovuta alle ali, non gli permetteva di tenere una traiettoria ben definita, così, spesso, urtava contro le pareti, grezze, delle caverne, ferendosi e coprendosi di tagli. Il dolore non era nulla al confronto della paura e di cosa avrebbe fatto una volta arrivato all'uscita. Dove sarebbe andato? È vero che aveva le ali ma non le aveva mai usate, sapeva solo quello che gli aveva detto il vecchio Parth, non aveva mai tentato.
Ecco la luce! Il passaggio è qua vicino, ora la mia unica speranza di salvezza è quella di buttarmi e sperare che ciò che il vecchio mi disse sia vero.
Ormai era fuori, soll'orlo di un crepaccio, in lontananza si vedevano grandi costruzioni, la palla di luce era accecante e il vento era forte e lui era ancora stordito. I demoni dietro di lui lo avevano quasi raggiunto, era il momento di prendere quella maledetta decisione. Si buttò cercando di ricordare le parole di Parth
Dovrai sentire il vento, allora dovrai aprire le ali più che potrai e lasciare che esso ti trasporti... Il resto verrà da solo
.
Non fu così. Le sue ali si erano rovinate ed atrofizzate nel tempo e non riuscì ad aprirle se non che per un breve attimo che lo divise dalla sua vita.
Cadde irrimediabilmente al suolo. Non ebbe neanche il di tempo assaporare l'ebbrezza della libertà, neanche il tempo di rendersi conto di cosa stesse succedendo. Solo un pensiero nella sua mente:
Libero, finalmente libero!
Gli altri demoni, che si erano affacciati al passaggio e che ebbero il coraggio di guardare la scena, rimasero attoniti davanti a quell'agghiacciante spettacolo. Il corpo esanime del giovane demone si riduceva in polvere e veniva portato via dal vento. Rientrarono e il passaggio venne richiuso. Solo una voce dall'interno:
Pazzo.

CICLICITÁ

- Soave tesoro di pace nel grembo della tomba
si culla non più greve di un sogno della notte -


Stavo tornando al mio paese dopo circa trent'anni, tutto sembrava immutato, le fattorie che costeggiavano la ferrovia erano sempre uguali e la gente, benché non fosse quella di una volta, aveva sempre la stessa espressione. Non vi erano rumori di macchine, si sentivano solo i trattori che stancamente viaggiavano nei campi. Una scena romantica quasi poetica, una lunga distesa di grano mossa solo dal vento. Regnava la pace. M'incamminai verso la strada principale del paese, dove avrei ritrovato quel unico bar trattoria che da bambino vedevo sempre vuoto e ancora oggi, a parte due vecchi contadini che bevevano vino con la scusa di giocare a carte, non c'era nessuno. Entrai chiedendo permesso e una signora dai modi garbati mi fece cenno di entrare, le chiesi se potevo avere un bicchiere d'acqua, lei mi sorrise e mi servì chiedendomi - Da dove venite?- risposi - Vengo da Francoforte, sono qui per via di mio zio, il dottor Peter Gurich, è deceduto poco tempo fa e mi ha lasciato la sua casa.- La donna sbarrò gli occhi come se avesse visto un fantasma e mi disse - Così voi sareste il nipote del dottore...povero dottore...era così buono, era sempre pronto...povero dottore...aiutava tutti, uomini e animali...povero dottore...certo aveva le sue manie, pensi non voleva che nessuno andasse a casa sua...povero dottore. Ormai è un anno che è scomparso, ma si dice che il suo spirito sia ancora in quella casa per questo ancora adesso nessuno è mai entrato.- Io ascoltai interessato il racconto della donna, infondo ne sapevo così poco di lui che forse qualche informazione in più mi avrebbe fatto capire il motivo della sua scomparsa. Finì di bere e mi incamminai verso la periferia del paese, ci misi solo qualche minuto prima di intravedere il viale che conduceva alla casa dello zio. Un cartello di legno, ormai mangiato dalle tarme, portava una scritta fatta con vernice nera a pennellate irregolari, diceva - medico condotto -...E' questa...Presi il viale con decisione, da bambino, durante le vacanze venivo a trovarlo spesso e qualche ricordo lo conservavo ancora di quei tempi. In fondo si vedeva la casa imponente ma umile di un colore giallo, un giallo sbiadito e sporco. Quando arrivai vidi il laghetto di cui avevo scordato l'esistenza, mi avvicinai e guardai dentro l'acqua era immobile e la mia immagine riflessa era anch'essa immobile sembrava uno specchio, mi accorsi che per quanto mi sforzassi non riuscivo a vedere attraverso, l'acqua sembrava completamente nera, sembrava non voler essere penetrata. Mi ricordai che quando ero bambino a me e ai miei amici mi ci fu vietato categoricamente anche il solo avvicinarci. La mia curiosità era forte quasi quanto lo era trent'anni fa, avvicinai la mano, ma alle mie spalle sentì una voce, un sospiro, mi girai di scatto, ma non vidi nulla, cercai con lo sguardo, ma nulla, ero solo, completamente solo. Mi dissi che era la mia immaginazione che mi faceva qualche scherzo...- Il vento, ma certo era stato il vento...-
Mi avvicinai al patio, la casa non sembrava troppo malandata. Salì i primi gradini per arrivare alla porta, scricchiolarono, la mia sensazione di disagio aumentava, ma non potevo farmi spaventare da delle credenze paesane, infondo ero un uomo di scienza come lo era mio zio e come tale non mi era permesso lasciarmi prendere dalle superstizioni. Raccolsi il coraggio e la ragione che avevo e agguantai il pomello della porta. Era gelido, lo girai e spinsi. Si aprì senza fare rumore, come se fosse stata oliata da poco, vidi l'interno, un grande ingresso sul quale si affacciavano quattro porte e una grande scalinata che portava alle camere da letto, decisi di entrare e fare un giro al pian terreno. Aprì la prima porta che trovai sulla sinistra. Le persiane erano chiuse, ma dei buchi facevano passare i raggi del sole rendendo la stanza tanto cupa che mi sentii di nuovo a disagio. Un capogiro che subito si fermò. Andai alle persiane e le aprì senza fatica, ora la stanza era illuminata. Era evidentemente un salottino. Vi era una libreria piena di libri di medicina... la stessa voce di prima, lo stesso sospiro, mi girai di scatto e vidi due occhi enormi che mi fissavano, mi spaventai feci un passo indietro e urlai...Era solo un quadro del nonno. Nel fare il passo in dietro, però, urtai un tavolino che lasciò cadere qualcosa di metallico, era una chiave. Una strana chiave, non era come tutte le altre della casa, questa era tutta nera e l'anello aveva un disegno strano al suo interno. Sul tavolino vi erano dei segni di bruciature come se qualcuno avesse lasciato bruciare un pezzo di carta fino a che esso non si estinguesse lasciando soltanto la polvere. Mi misi in tasca la chiave e continuai a guardare in giro. Entrai nella seconda porta era la cucina, proseguii l'ispezione del resto della casa. Entrai nella porta di fronte a quella della cucina, mi ritrovai nello studio con tutti i testi di medicina legale dello zio, tra l'altro testi che ormai non si usavano più. Mi sedetti alla poltrona della scrivania e aprì i cassetti ma no vi trovai nulla di interessante. Alzai gli occhi per guardare fuori e mi accorsi che era giù buio, la fame incominciava a farsi sentire, ero lì dalla mattina e non avevo ancora mangiato, guardai l'orologio che indicava ormai le ventuno, non sapevo cosa mangiare nelle credenze della cucina non trovai nulla e ormai il bar era chiuso. Non avevo possibilità di mangiare, forse avrei fatto bene ad andare dormire così la mattina seguente mi sarei svegliato presto e avrei potuto guardare in giro meglio. Mi sentivo al quanto disorientato, ma dopo tutto cosa potevo pretendere era tutto il giorno che non mangiavo...la notte porterà consiglio. Le scale di legno scricchiolavano ad ogni passo e la luce così tenue e tremolante delle candele non mi permetteva di vedere esattamente i contorni delle pareti. Vi erano quadri e sculture che ornavano, ma tutto era troppo scuro per poterle vedere bene, arrivai in cima alle scale le quali si aprivano su un corridoio che proseguiva a destra e a sinistra. Su di esso si affacciavano diverse porte di diverse dimensioni con differenti ornamenti contrastanti con i colori della casa. Mi fermai davanti alla prima e la aprii. Era tutto buio e si sentiva un odore acre di muffa provai ad accendere la luce che per un attimo reagì, quel tanto da farmi intravedere una stanza abbastanza grossa con dei divani e poltrone, ma nulla di più. Richiusi e andai alla porta successiva. Il legno del pavimento si piegava sotto il mio peso ed i tappeti lasciavano nuvole di polvere ad ogni passo. La luce fioca lasciava intravedere delle macchie di umidità sparse sulle pareti e tutto era immerso nel completo silenzio, fatta eccezione dei miei passi. Mi avvicinai a una nuova porta, da essa proveniva un leggero venticello, aprì ed accesi la luce. Era una camera da letto. Un grosso letto senza coperte ed un armadio con le ante aperte era tutto ciò che si vedeva. Entrai per poter vedere meglio...un altro giramento di testa quasi una vertigine mi assalì e mi ridiede subito equilibrio. La finestra era chiusa, ma uno dei vetri che componevano l'anta era rotto dal quale entrava un sottile venticello. In questa stanza non viveva più nessuno da molto tempo...di nuovo le vertigini ed ora qualcosa che mi osservava dall'alto mi sedetti sulla sponda del letto ed un nuvolone di polvere si alzò accecandomi, non riuscivo a respirare, corsi fuori e mentre correvo, con l'occhio semi chiuso, guardai il lampadario, un ombra si mosse. Ripresomi dalla tosse riguardai il lampadario ma non vi era nulla, si mosse per un secondo, ma nulla, non c'era nulla. Mi tolsi la povere che avevo addosso e continuai il corridoio. La porta di fronte si aprì da sola o forse la spinsi non ricordo, accesi la luce, era un normalissimo bagno anch'esso spoglio senza asciugamani pieno di polvere, ma nella vasca c'erano alcuni insetti che corsero a nascondersi nello scarico spaventati dalla luce. Aprì l'ultima porta di questo lato del corridoio era la stanza da letto dello zio. Entrai cautamente e mi assalirono, nuovamente le vertigini, ora più forti il lampadario si mosse con forza ed una finestra si spalancò rompendo alcuni vetri ma le persiane erano chiuse e tutto il resto all'interno della camera rimase immobile. Mi ripresi ed andai verso la finestra, la spalancai a fatica ed entrò un filo di vento che sembrò rinfrescare tutta la casa chissà da quanto tempo era rimasta chiusa. Mi avvicinai all'armadio e lo aprì. Le ante cigolarono, all'interno trovai i vestiti delle zio, alcune scatole di metallo e in un cassetto degli involucri di metallo per sigari poi dei denti umani in una scatola di vetro ed altri piccoli oggetti, cose che per un medico sono abbastanza normali. I vecchi vestiti dello zio erano tutti impolverati, ma in buono stato.
Mi sentivo osservato. Era la sensazione che avevo da quando ero entrato in casa. Non volevo dargli peso all'inizio in quanto uomo di scienza, ma ora...Ora la sensazione di disagio che avevo stava sopraffacendo il mio senso scientifico. Non mi ero mai trovato in una situazione simile.
Mi voltai di scatto, quasi saltando e delle piccole ombre nere si mossero quasi sorprese infilandosi velocemente in una fessura del muro.
Tentai un respiro profondo che mi rinfrancasse, ma la polvere era troppa e tossii.
Una...
Due..
Tre volte.
Ora tutto era più pulito, la polvere sembrava fosse andata via da sola. Quasi si fosse resa conto che non serviva più. Come se fosse rimasta a proteggere la casa durante tutto questo tempo.
Mi sedetti sul letto e rimasi ad osservare immobile la stanza dello zio. Delle stampe di Berlino dell'ottocento, alcune vecchie fotografie del mare a Flensburg, nulla di interessante.
Non avevo idea di che ora potesse essere. L'orologio era fermo chissà da quando, non mi ero ricordato di ricaricarlo.
Ero stanco, molto stanco. Mi sdraiai sul letto e mi addormentai.
Al mattino, i raggi del sole entravano dalle persiane e una sottile brezza rinfrescava la stanza invogliandomi a stare sdraiato. Non ci sono rumori, ne auto ne fabbriche.. Tutto sembrava così irreale.
Ohi!
Lo stomaco si fece sentire. Pensai di andare in paese a fare colazione.
L'aria era fresca e la casa aveva assunto un non so che di familiare. Anche la pozza d'acqua appena fuori casa non sembra essere più tanto inquietante. Il laghetto.

Il paese era in piena attività. Qui si svegliavano tutti prestissimo.
Era piacevole camminare in mezzo alle vie non asfaltate di campagna. L'odore del grano era così intenso che quasi stordiva il mio naso non abituato.
Il bar del paese.
Alcuni contadini, bevevano birra al bancone e la cosa mi stupì, ma mi resi subito conto che quella che era per me prima mattina, per loro era quasi ora di pranzo, in campagna si alzavano tutti con il primo canto del gallo, io non l'ho avevo neanche sentito. Chiesi la colazione e la donna non mi fece finire di parlare che mi portò tanto di quel cibo che avrei potuto scoppiare, poi mi chiese :- Si fermerà tanto da noi? Sa non abbiamo più il medico e pensavamo che lei...si insomma...noi non abbiamo tanti soldi, ma non le faremmo mai mancare nulla...eh?-
Non troppo sorpreso dalla domanda rimasi sul vago infondo non mi dispiaceva quel posto. - Credo che rimarrò qui per un po', un bel po'.- La donna andò via soddisfatta dandomi una familiare pacca sulle spalle.
Finì di mangiare e mi diressi di nuovo a casa, in tasca avevo ancora la chiave che avevo trovato il giorno prima. La guardai e cercai di ricordare dove avevo visto il disegno dell'anello, ma la mia memoria non mi aiutò. Arrivai davanti al laghetto e guardai dentro, ancora una volta quel sospiro quella parola dietro le mie spalle, rabbrividì ancora, ma non c'era nessuno. Rientrai in casa, nulla era cambiato, tutto sembrava essere come ieri l'avevo trovato, ma qualcosa mi era sfuggito. Avevo visto qualcosa che mi avrebbe aiutato a capire cosa stava succedendo, ma non ricordavo. Mi diressi alla libreria dello zio. Ero convinto che la soluzione del mio enigma l'avrei trovata proprio lì e così fu. La copertina di un libro riportava l'immagine dell'anello della chiave che avevo trovato. Lo aprii a caso e lessi:

- Ero stanco, molto stanco. Mi sdraiai sul letto e mi addormentai.
Al mattino, i raggi del sole entravano dalle persiane e una sottile brezza rinfrescava la stanza invogliandomi a stare sdraiato. Non ci sono rumori, ne auto ne fabbriche.. Tutto sembrava così irreale.
Ohi!
Lo stomaco si fece sentire. Pensai di andare in paese a fare colazione.
L'aria era fresca e la casa aveva assunto un non so che di familiare. Anche la pozza d'acqua appena fuori casa non sembra essere più tanto inquietante. Il laghetto.-

Chiusi il libro e mi sedetti sulla poltrona lì vicino...non era possibile. Cosa stava succedendo... Riaprii il libro verso le ultime pagine, ma le trovai bianche, allora le feci scorrere all'indietro finche non trovai una pagina scritta e lessi:

- Chiusi il libro e mi sedetti sulla poltrona lì vicino: non era possibile. Cosa stava succedendo... Riaprii il libro verso le ultime pagine, ma le trovai bianche, allora le feci scorrere all'indietro finche non trovai una pagina scritta e lessi:-

Mi si strinse lo stomaco tanto che vomitai per terra. Ripresi il libro e riguardai la copertina, non vi era titolo solo la forma dell'anello della chiave e poco sotto un piccolo cerchio nero. Cosa poteva essere...Il laghetto...certo, il laghetto. Uscii lasciando il libro sulla scrivania.
Vicino ad un sasso, per terra, vi era un piccolo buco vi infilai la chiave e girai, un piccolo...clock...e l'acqua del laghetto s'increspò. Riguardai dentro...Dei bambini che giocavano attorno ad un pozza e un uomo che da poco lontano li chiamava a se...Ero io, da bambino...Cosa voleva dire tutto questo? provai ad immerge una mano...una sensazione fresca, quasi fredda ritrassi la mano quasi subito, ma non c'era più al suo posto un moncone grondante di sangue senza dolore. La mia mente era annebbiata l'unica cosa saggia da fare era rientrare in casa e fasciarmi il moncone. Presi un asciugamano e mi fasciai poi un foglio nel quale incartai la chiave e me la misi in tasca. Ora devo vedere cosa c'è al di la del laghetto mai nessuno dovrà più poter usare la chiave, verrà con me. Il sospiro, il sussurro mi fece trasalire e volli uscire per concludere il mio piano, inciampai di nuovo sul tavolino, ma dovevo uscire. Questa volta sarei entrato con i piedi e avrei scoperto tutto. Piano il mio corpo affondava inesorabile e a un tratto sentii gli uccelli cinguettare e i bambini correre, ma il loro vociare cambiò diventò un lamento, un urlo di dolore al quale si aggiunse il mio. Il mio corpo straziato era a pezzi...nessuno conoscerà più questo dolore... mi tastai la tasca nella quale avevo infilato la chiave...non c'era...
...Un tavolino in un piccolo soggiorno con delle persiane chiuse e una chiave appoggiata sopra un tavolino...un libro con l'immagine dell'anello della chiave e all'interno una parola sola...FINE...

Stavo tornando al mio paese dopo circa trent'anni, tutto sembrava immutato, le fattorie che costeggiavano la ferrovia erano sempre uguali e la gente...

FLASH-BACK

...chiedo a un tipo se mi fa passare per chiedere un informazione allo sportello, ma lui mi dice: Ehi ! Se faccio passare te poi devo far passare anche l’altro e poi un altro e alla fine i miei bollettini chi me li paga, tu ? ?
Ma guarda ‘sta testa di cazzo, gli ho chiesto solo se potevo chiedere un informazione mica altro...
Bha oggi va così, , ,La mamma dei cretini è sempre in cinta
Cosa hai detto ? Stai parlando con me ? ?
Certo...
Ma io ti faccio un culo così ! Hai capito ? Deficiente di un ragazzino...

‘sto tipo è veramente incazzato è diventato tutto rosso e sta agitando le sue bollette per tutta la posta. scoppio a ridere e questo cerca di darmi una sberla, lo schivo e gli d’ho una testata in piena faccia che stramazza per terra. non sono sicuro di averlo fatto apposta, , , mi sono difeso.

Cosa ci devo fare...le cose vanno così...

Bhe io sto fermo mentre il tipo è per terra con una pozza di sangue intorno che continua ad aumentare, già, ad aumentare. Mi sposto non voglio mica sporcarmi. vado in un altro sportello, ma la tipa della posta non mi ascolta. La gente si è raccolta intorno al tipo - quello per terra - cominciando ad urlare e ora viene verso di me. una vecchia che sta cercando di infilzarmi coll’ombrello… la disarmo…..

La disarmo...Si insomma...L’hanno trovata con l’ombrello conficcato nella gola.

Sangue: ti sei mai chiesto perché il sangue è rosso. Perché abbiamo il sangue rosso, io me lo sono chiesto...
Da bambino pensavo di avere il sangue blu, come diceva quella rincoglionita di mia nonna, poi, un giorno, scoprii che è rosso, ma che stronz

Sono in metropolitana che devo andare da Nick
Uhe ! Ciao nonna che fai qua ?
Credo mi risponda, ma sta arrivando il treno e non sent
CIACKKKKSSFFRTTTTT…
Vedi che anche tu hai il sangue rosso come tutti gli altri stronzi su questa terra...

Nick ? Pronto...Senti arriverò un po’ più tardi, la metrò è bloccata.

Mi guardo in torno, casa di Nick è bella grande, , ,Bella..forse è anche bella, ma sicuramente è grande. C’ha un sacco di libri - chissà se qualcuno li legge davvero - a casa mia arrivano al massimo i volantini stronzi di qualche grande offerta di qualche stronzo magazzino che forse chiudev...
Senti cosa cazzo è successo alla metrò ?

Chissà che cazzo gliene frega a ‘sto pirla di cosa è successo sulla metrò, non c’ho proprio voglia di rispondere a delle domande del cazzo.
Credo che qualche stronzo ci si sia buttato sotto.
Gli basterà ?

Ma dai... e sai chi è lo stronzo?

Non gli basta
Si ! Quella rincoglionita di mia nonna...

Ha Ha Ha !

Lo sapevo che tanto non ci avrebbe creduto, che cazzo ci parlo a fare ancora con ‘sto pirla.

Ciao Paolo. Come stai ?
La madre del pirla.
Benesignoragrazieelei ?
Sto bene. Andate pure in cameretta che fra poco vi porto la merenda.

Nick è di famiglia ricca si vede, chissà se è di sangue blu forse glielo chiedo o forse no.
La - cameretta - è più grossa di casa mia e puzza anche di meno. La grossa scrivania a L sembra quella del direttore generale di un grossa ditta. Non che io ne abbia mai vista una, ma la immagino così, dei grandi poster incorniciati alle pareti e delle tende bianche ricamate...

La merenda !

Entra la madre di Nick con un carrello sul quale vedo il mio pranzo di Natale e per ‘sti stronzi è la merenda. - Ora lo è anche per me - Sono uno stronzo.
Mangio come un maiale tanto che mi fa male lo stomaco.
Vieni in posta con me Nick ?

Siamo in giro da un po’ e forse il freddo, con tutto quello che ho mangiato...Cazzo, non posso mica vomitare tutto quanto, quando mi ricapiterà, ma lo sbocco lo sento arrivare. Lo stomaco si stringe i muscoli si contraggono, è un attimo. L’esofago si riempie e ,,,lo sbocc
NO ! Non posso. Stringo i denti, non ne faccio cadere una goccia, rimando tutto giù.
Non è così male infondo e poi è come aver mangiato due volte.
Nick si è fermato sull’angolo, mi ha visto, ha capito, ha sboccato ed è corso via. Ma si ! Che si fotta. Chi ha bisogno di lui.

Devo chiedere se i miei bollettini sono ancora validi Ehi ! Che succede dentro la posta. C’è uno che sta picchiando una vecchia con un ombrello, , ,
‘Sta scena l’ho già vissuta, o no...

Credo che il sangue sia rosso perch…

GIULY

Ero lì, che non davo fastidio a nessuno, che non rompevo il cazzo a nessunA. Appena uscito da una storia durata forse troppo, quando una sera, una fottuta sera vado a infilarmi in un bar a bere una birra e ho visto lei. La donna che per anni ho sognato, quella che faceva bagnare le mie lenzuola, quella che ogni uomo può desiderare.
Faceva la barista. Mi guardò. Io ero un po’ giù e,,, non poteva farsi i cazzi suoi?
No! Non poteva.
Come va?
Insomma...
Che risposta è insomma. Va bene o va male!
Mettila così, non va bene.
Ma che risposta del cazzo.
Tutti hanno dei problemi, anch’io ne ho.
Guardo l’ora, sono circa le tre - di notte -
Senti , ma che problemi può avere una che sembra uscita da una copertina di un giornale per fotomodelle?
Perché? Puoi averli solo tu i problemi?
Non sono in grado di continuare. Ho bevuto troppo e voglio andare a casa a dormire, o a sboccare.

E’ giovedì, non c’è un cazzo di nessuno. Ho finito di lavorare da poco sono le due - sempre di notte - dove cazzo me ne vado. Tornare a casa non se ne parla, ma di andare in giro così poi... Il locale della tipa dell’altra sera forse è aperto e stasera sono piuttosto sobrio.
Bella lì, non c’è quasi nessuno e uno sgabello del banco è libero. La tipa del bar sta servendo una birra a uno sfigato che sembra passato sotto un TIR.
Ciao ti ricordi di me?
Ma si certo!
Si! Figurati.
Mi dai una media, per favore?
E’ proprio figa. E’ nera, è magra, due occhi neri da far paura e due tette che mi pare di sognare. Io, con una così, impazzirei.
Allora, l’altra sera sei riuscito ad arrivare a casa? Eri pieno da paura!
Cazzo allora si ricorda sul serio!
Certo che ci sono riuscito, non è mica la prima volta che bevo un po’!
Si, si certo!
Si, si! Continua a far il super uomo, è proprio la strada giusta, brutta testa di cazzo che sono.
Vorrei fare colpo, ma mi sa che l’epoca del macho man è finita, poi io che faccio il macho è da ridere.
Vorrei dirle qualcosa che la colpisca, qualcosa che non sia banale, ma dalla mia fogna esce solo un..
Come ti chiami? Io sono Paolo.
Lei mi guarda come se fossi l’ultimo degli stronzi e mi sento il primo degli stronzi.
Mi chiamo Giuly e..un po’ scocciata... ho ventitré anni lavoro qui da sei mesi i miei sono divorziati e mi sono appena lasciata con il tipo e,,, soprattutto non ne sto cercando uno nuovo e non sto cercando un confessore. Ok?

Non potevo fare mossa migliore. Mi alzo, pago, saluto ed esco.

Martedì. Anche oggi, finito di lavorare non c’è nessuno. Torno al bar della tipa. Stasera non ho bevuto neanche un goccio.
Uelà chi si rivede, ancora qua?
Iniziamo bene...
Ho finito di lavorare e non avevo voglia di tornare a casa.
E Sei venuto qua .
Così pare.
Vuoi una birra?
No, grazie, stasera una coca andrà bene.
Nel locale ci sono un paio di coppiette che non hanno nessuna intenzione di essere disturbate. C’è anche meno fumo del solito, gli sgabelli del banco sono tutti vuoti e stanno tirando giù le serrande.
Senti Giuly, io lo so che non sono l’uomo più brillante del mondo, ma non devi essere certo tu a ricordarmelo, me lo dico da solo ok?
Hei, ma non ho detto niente ancora. E comunque non è il caso di buttarti giù così.
Mah! Io preferisco non pensarci. Preferisco vivere nei miei bei ricordi , di quando ero ragazzo, nella spensieratezza della quale vivevo, di quegli amici che erano fratelli, che la pensavano come me e che vivevano con me ogni attimo della loro vita e io con loro in tutto e per tutto. Eravamo la vita di un mondo nostro che ci faceva stare bene, e ora? Dove sono, ora? Ognuno per i cazzi suoi, ognuno a cercare di realizzare una vita che, prima o poi dovrà finire, che senso ha tutto questo?
Giuly mi guarda e non dice una parola. Non sa rispondere, non vuole rispondere. Mi accendo un’altra sigaretta, ho quasi finito il pacchetto.
Ci sono dei momenti che penso di smettere, ma poi mi passa.
Giuly si è allontanata, ha l’espressione seria, pensierosa. Mi alzo, pago ed esco.
Mercoledì - sempre di notte -.
Ciao Giuly, mi dai una birra?
Bello stronzo ieri sera te ne sei andato senza salutare..
Si scusa, ma ero un po’ depresso, avevo i cazzi miei, sai com’è.
Si, si, ma io ti saluto sempre. T’ho prenditi la tua cazzo di birra...
Ma sei davvero incazzata o c’e l’hai con me?
C’è l’ho un po’ con te!
HA! Cosa ti rode?
Ieri sera volevo parlare un po’ con qualcuno e tu, brutto stronzo, te ne sei andato.
Bhe, adesso sono qui. Sono tutto per te.
No! Stasera non mi va.
Dai! Non fare la bambina se ieri avevi qualcosa che ti rodeva ce l’hai anche oggi spara, sono tutto per te.
Bhe magari dopo, alla chiusura se ti fermi.
Ok, mi fermo.
Alle tre e mezzo uscimmo dal locale e Giuly aveva proprio voglia di sfogarsi. L’aveva lasciata il tipo perché non era sicuro di amarla, ma lei non la pensava così. Pensava che lui l’avesse lasciata per un altra.
Chissà perché le donne pensano sempre che è per un’altra.
Insomma un sacco di paranoie sul tipo. A dire il vero mi ero abbastanza rotto di ascoltare le sue lamentele sugli uomini e su quanto fossero falsi e..bla...bla..bla.bla....
Senti scusa, ma si è fatta mattina e sono veramente distrutto.
Si scusa , se ti ho rotto, ma avevo proprio bisogno di parlarne,
Ma figurati, quando vuoi.
Sto’ cazzo. Mi sono proprio rotto le palle, un altra serata come questa e le metto in bocca un ananas e speriamo che soffochi.
Domani sera ci troviamo tutti a casa mia dopo il lavoro a festeggiare il mio compleanno vuoi venire?
Vediamo come sto domani. Se non sono stanchissimo vengo volentieri.
Ma certo che vengo, mica sono così testa di cazzo che mi lascio sfuggire un occasione così.

Giovedì.
Arrivo al locale più tardi del solito. L’ho fatto apposta. Speravo pensasse che non sarei andato. Infatti...
Pensavo non venissi stasera sono già le tre..
Sono stato in macchina fino a due minuti fa. Ho passato quasi un ora fuori, in macchina al freddo come uno stronzo per farmi dire “ pensavo che non venissi...” e solo per dire...
Hai visto che sono venuto. Pensa che sono arrivato fin sotto casa mia e poi mi sei venuta in mente tu e sono tornato.
Ma quante palle riesco a inventare in così poco tempo.
Sai, , ,Sono contenta che sei venuto, stasera quegli stronzi dei miei amici sono tutti ubriachi e hanno fatto un casino della miseria, uno si è anche andato a schiantare contro un portone. Saremo solo in cinque. Ti va bene lo stesso?
Ma certo, infondo io ho detto di si per te non per i tuoi amici!
Lei sorride. La risposta ha colpito nel segno.
Minchia sono tonico stasera, parecchio tonico.

Usciamo dal locale che sono le...Bhe è tardi. I navigli sono proprio uno spettacolo a quest’ora.
Senti Paolo, lascia qui la tua macchina e vieni con me, poi, ti accompagno io a riprenderla.
Ok.
Sono una testa di cazzo, e se mi rompo le palle e me ne voglio andare che faccio. Minchia quando faccio così mi sto proprio sulle palle.
Arrivammo a casa. Era grande, molto grande. Un grande salotto con un mega televisore apriva l’ingresso dal quale si accedeva alla cucina che era più grossa di camera mia, e alla zona notte. Giuly mi fece vedere la casa e soprattutto la sua camera da letto della quale andava molto fiera. Andava molto più fiera dei poster attaccati, credo. Ritraevano lei in tutte le posizioni possibili. Un po’ narcisista ? Si. Credo che fosse una delle pochissima persone che se lo poteva permettere. C’erano grosse foto attaccate anche sul soffitto , una in particolare la ritraeva, mezza accosciata con i capelli in su mentre ballava sui cubi di una discoteca con indosso un reggiseno e mutandine, una camicia bianca trasparente lunga non so quanto e degli stivali laccati bianchi alti fino al ginocchio. Che figa. Un po' tazzorra, ma sicuramente figa.
Arrivarono i suoi amici. Marcello, un tipo simpatico, un po’ logorroico per essere quasi le quattro, ma simpatico. Francesca e Nando due ragazzi assolutamente insignificanti, non dissero nulla tranne uno striminzito Ciao - quando arrivarono, poi si sedettero sul divano e incominciarono a scambiarsi tenere effusioni isolandosi completamente.
Io e Giuly ci sedemmo in cucina mentre lei faceva il caffè.
Ho comprato il gelato e lo spumante per questa sera. Anche se speravo fossimo di più!

Succede sempre così. Quando ti aspetti qualcosa non arriva mai. Sembra una frase fatta...

Infatti...

...ma non lo è. Quando cerchi qualcosa, quando la ricerchi in maniera ossessiva, spesso non riesci a ottenerla. Perché ? Perché hai gli occhi offuscati dalla bramosia di ottenere ciò che vuoi. Spesso le cose ti passano vicino sotto un altra forma, ma tu non hai la mente aperta per poterle vedere, riconoscerle, cambiarle a tuo favore se necessario. Allora ti incazzi e ti lamenti ed è la fine, non ne esci più.

Si forse hai ragione, ma come fai a non aspettarti che nel giorno del tuo compleanno gli stronzi dei tuoi amici non vogliano festeggiare con te. Come fai a non ricercare ciò che ti fa stare bene, come fai a non bramarlo, come dici tu.

Capisco. Ma io non ho detto che è facile, anch’io ne sono schiavo. Ti sto’ dicendo come in teoria le cose dovrebbero funzionare.

Io sono una persona abbastanza calma e credo di saper valutare le situazioni, magari non fino in fondo, ma non sono certo l’ultima cretina della terra. Il punto è che per essere uomini bisogna vivere anche di passioni, di passioni negative e positive.

Si, ma non solo. Non puoi basare la tua vita sulle passioni, diventi un animale. Devi riuscire a educarti in modo da non farti trascinare troppo dalle passioni, dall’istinto, altrimenti diventi un animale. Questo è il mio punto di vista.
Era pronto il caffè, affogò il gelato che aveva preparato nelle coppe e mi chiese di aiutarla a portare in sala le nostre due tazze mentre lei avrebbe portato le altre.
Tutti più o meno ringraziarono.
Le cose tra di noi stavano evolvendosi bene, io scherzavo su di me prendendo in giro le mie rotondità e lei sorrideva. Era proprio bella, era un sogno, proprio un sogno. Continuammo a parlare finche i due bambolotti non decisero di passare a qualcosa per il quale si erano allenati tutta la sera e se ne andarono. Marcello , invece, era lì imperterrito a guardare la tv e a fare commenti su tutto ciò che vedeva. Ogni tanto Giuly lo guardava e sorrideva a qualcuna delle sue battute. I nostri discorsi proseguivano molto sul personale e io vedevo nell’immediato orizzonte un bellissimo sole nero che spuntava nella mia vita. Erano circa le sei e mezza e Marcello se ne venne fuori con l’idea di andare a prendere i cornetti caldi. Io e Giuly glissammo l’invito dicendo che eravamo stanchi e che da lì a poco ce ne saremmo andati a dormire.
Marcello se ne andò, finalmente.
Io e Giuly eravamo finalmente soli, ma che fare? Domanda da un milione di dollari. Come comportarmi ora La mia auto era lontana e lei sembrava non aver nessuna intenzione di uscire.

Senti io sono stanca e non ho voglia di riportarti fino alla macchina, perché non ti fermi qui a dormire e domani vai a riprenderla?

Non sapevo cosa rispondere non volevo pensasse che io volessi approfittarne. E poi, dormire insieme o sul divano e se avessimo dormito insieme cosa poteva voler dire. Ci sono un sacco di amici che dormono insieme senza che crei problemi o trasformi il loro rapporto. Mha. Nel frattempo Giuly era andata in camera sua e io ero rimasto in sala un po’ impacciato.
Mi affacciai alla sua porta.

E io dove dormo?
Se non vuoi dormire con me puoi dormire sul divano.
NO! no! Con te mi va benissimo.

Ero un po’ emozionato lei sembrava così tranquilla. Mi spogliai e mi misi a letto. Non riuscivo a chiudere gli occhi, volevo girarmi ma avevo paura di darle fastidio. Si addormentò, si girò e si abbracciò a me. Tutto sembrò tornare normale, mi scese la stanchezza e mi addormentai in questa camera immersa nella semi oscurità con gli uccellini che cinguettavano sottili e la donna più bella del mondo accanto a me. Era proprio un sogno.

Le Due e mezzo - di pomeriggio -
Apro un occhio e lei non c’è. Si sentiva odore di caffè appena fatto. Giuly entrò in camera con due tazze di caffè aveva la mia camicia addosso, che le faceva da vestaglia tanto era larga e lunga e dei calzettoni di spugna che non aveva tirato su. Ero sempre più contento di come si stavano evolvendo le cose.
Bevemmo il caffè, appoggiammo le tazze vuote sulla moquette e lei mi tocco la pancia, insomma la spinse. Io indurì, lo ero già parecchio.
Le presi il polso e le feci perdere l’equilibrio, si sdraiò su di me, e i nostri volti si trovarono a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro. Dalla risata passammo a un bacio che per poco non feci un buco nelle coperte. Facemmo l’amore tutto il giorno, fino a quando non dovettimo alzarci per andare a lavorare. Avevo paura che tutto questo fosse per lei soltanto una bella serata non volevo mettermi in testa strane idee e non parlammo per tutto il tragitto da casa sua alla mia macchina. Non sapevo se l’avrei potuta baciare ancora. Quella cosa che nelle ultime ore era la più naturale del mondo, ora diventava la più difficile. Anche lei, però, era pensierosa.
Scesi dalla macchina e andai vicino al suo finestrino. Decisi ch’ero innamorato e che se voleva una storia così, di una notte, me l’avrebbe dovuto dire.
Ok Giuly. Io sono l’uomo più felice del mondo e tu la donna più fortunata del mondo, ti passo a prendere quando chiudi, va bene?
Lei tirò un sospiro di sollievo, mi guardò e addolcì lo sguardo fino a farmi tremare le gambe
Si! E’ vero. Sono la donna più fortunata del mondo, e ti aspetto stasera.
Mi prese la faccia tra le mani e mi baciò. Io andai a lavorare su una nuvola. Lavorai con uno strano sorriso che non riuscivo a cavarmi.
Per tutta la settimana ci vedevamo dopo il lavoro. Si andava a casa sua e si stava insieme fino a quando non era ora di andare a lavorare un’altra volta. Fu la settimana più bella della mia vita. Avevo trovato una ragazza bellissima, intelligente, che aveva gli orari compatibili ai miei, che volevo di più nella vita!!
Ma tutto ha un inizio e una fine porca troia.
La notte di una settimana dopo ero a casa mia, mi ero fatto la doccia e la stavo aspettando. Suonò il citofono e finì di vestirmi in ascensore.
Aprì il portone e lei era in macchina con la faccia seria.
Cattivo presagio.
Ma no! Devono averle rotto le palle sul lavoro, oppure è stanca.
Cattivo presagio.
Dobbiamo parlare...
Cristo lo sapevo non poteva essere così bello. Mi disse che il suo ex tipo era tornato da lei, che avevano parlato, avevano messo le cose a posto e soprattutto che lei era innamorata di lui e non era giusto ingannare me che ero così dolce così...
Magari ci vediamo? Fatti sentire, non sparire, capito!
si, si.
Scesi dalla macchina, accennai un sorriso, lei se ne andò e il mondo mi crollò addosso.
Ancora adesso ci penso e ci sto male. Quanto sono stronzo.

L'UOMO DEL LAGO

L'asfalto bagnato si confonde con l'acqua del lago. Riflette le luci dei lampioni che una volta mi facevano sentire meno solo. Sono davanti al cancello che da ragazzo sognavo di aprire per avere un po' di quell'amore di cui tanto avevo sentito parlare. Voglio rivedere quella donna che per anni si è mostrata sconcia a tutti coloro che avevano in tasca quei denari che chiedeva.

Ma io,,,Io no! Io l'amavo. Io l'amavo veramente.

Ricordo il cigolio del cancelletto che si apriva e chiudeva mosso dal vento,,, i gradini di marmo... Quei gradini avevano il solco di tutte le scarpe che li avevano camminati...E quella porta? Ah, quella porta...quante volte avevo sognato di aprirla. Rimanevo lì fuori sperando che apparisse alla finestra, solo per vederla, un attimo, un attimo sempre troppo corto. Delle grosse tende di velluto coprivano tutti gli infissi di quella grande casa e non permettevano di spiarne il contenuto. Solo la mia fantasia era entrata, aveva corso per i corridoi e si era fermata nella Sua stanza a contemplare il Suo letto, quelle lenzuola che l'accoglievano nella sua natura, quel cuscino al quale si abbracciava intriso di chissà quanti odori, ma non mi importava, l'unica cosa importante era Lei.

Quel giorno, ero deciso a farmi avanti, ero deciso a parlarLe, avevo comprato delle rose dalla fiorista del lungo lago e sentivo il coraggio per affrontare la mia timidezza. Arrivai alla casa e aprì il cancelletto che cinguettò il suo ormai usuale fischiettìo e con il cuore in gola, bussai. Una donna grassa e oltremodo truccata venne a aprirmi, non era Lei! Non era la donna dei miei sogni.
Non avevo parole, mi ero preparato un discorso da farle,,,, ma ora era diverso .Chi era questo donnone…Rimasi immobile con i fiori in mano. La donna mi domandò brusca,,,-Cosa vuoi?-, io non seppi che balbettare un...
-Po…posso e..entrare?..-
La donna scoppiò in una fragorosa e spiacevole risata di scherno, tanto da attirare l'attenzione dei passanti che mi guardavano con disapprovazione. Non mi ero mai sentito più umiliato.
Mi sbatté la porta in faccia e io rimasi immobile davanti a quella porta chiusa senza sapere che dire.
Mi girai infuriato, sentivo il sangue copioso, affluire alle meningi e fu in quel momento che partorì la malsana idea di vendetta. Quella donna avrebbe dovuto pagare l'affronto fattomi, dovevo trovare il modo di vendicarmi.
Tornai a casa a riflettere.
Vivevo in una stanza presa in affitto sulla riva del lago, non era nulla di particolare, ma era l'unica cosa che avevo trovato da quando avevo lasciato il mio paese. Il letto era così freddo e spoglio che quella notte non riuscì a prendere sonno. Un buco sul vetro della finestra lasciava intravedere la nebbia che si appoggiava sul lago, mentre tenui luci lentamente lo attraversavano. Un sospiro gelido attraversò la stanza e io rabbrividì, rannicchiato pensavo, riflettevo, sulla mia vendetta. Sul soffitto la luce che entrava disegnava ombre diaboliche, diaboliche come diabolico il mio piano si delineava nella mia mente e all'alba tutto si chiarì.

Tutte le mattine, di buon ora, il lattaio arrivava alla casa con il latte fresco e tutte le mattine si fermava sull'uscio attendendo la mancia. Il mio piano era semplice, dovevo sostituirmi a lui e al momento opportuno, mentre la donna rientrava alla ricerca della mancia, sarei potuto sgattaiolare dentro e senza essere visto e avrei potuto colpirla con una delle bottiglie del latte. Avrei ottenuto così la mia vendetta…

Mi alzai, erano circa le cinque e il freddo pungente e umido della mattina mi entrava nelle ossa. Uscì di casa e mi appostai davanti al cancelletto in attesa del lattaio. In tasca conservavo pochi spiccioli che avrei usato per dare la mancia al ragazzo così da mandarlo via subito.
-Mai speso meglio quei soldi.- Pensai.
Le sei e un quarto, era questione di minuti ormai, quelle gelide ore facevano crescere in me la rabbia della vendetta.
Lo vidi arrivare e io ero pronto, tirai fuori i soldi e li porsi al lattaio che mi lasciò il latte senza troppe domande. Indossavo i calzoni che usavo ogni giorno per lavorare al mercato e, una blusa bianca che avevo rubato da un balcone del palazzo dove abitavo e un cappellino che mi ero portato per non farmi riconoscere.
Bussai all'uscio.
Rimasi immobile per qualche istante, in attesa di un rumore che avrebbe dato il via all'ultimo atto del mio dramma.
Dei passi pesanti che si trascinavano alla porta. Il chiavistello scattò e l'immagine della donna grassa mi apparve in una maschera di sangue. Rimasi impietrito. Lei si aggrappò a me e sporcando le bottiglie e i miei vestiti di sangue. Sentii scattare una porta dalla quale ne uscì la ragazza che per anni avevo sognato, impugnava un grosso candelabro sporco di sangue. Mi guardò in faccia e strillò talmente forte che i vicini della casa di fronte si affacciarono alle finestre. Il panico mi assalì, non sapevo cosa fare, la donna davanti a me si era accasciata per terra con il cranio parzialmente distrutto e il sangue stava creando una grossa pozza che mi inondava le scarpe.

Le sirene.

Le sirene della polizia mi fecero tornare alla realtà. Compresi cosa stava succedendo.
Preso dal panico feci cadere le bottiglie e incominciai a correre, le sirene erano sempre più vicine e il panico mi stava sopraffacendo, non sapevo dove andare, non conoscevo la zona e non riuscivo a focalizzare una meta. Intanto delle voci dietro me intimavano l'alt. Il rumore dei proiettili si avvicinava tanto che qualc' uno mi sfiorò, ma io continuai a correre. Attraversai il parco ed entrai in un cespuglio di rovi che mi graffiò le mani, ne uscì dolorante, ma la paura era più forte di qualsiasi stanchezza, ma il fiato si accorciava ad ogni passo tanto che le voci e le urla dietro di me le sentivo sempre più vicine.
Uscì dall’altra parte del parco sulla via che portava a casa correndo sulla banchina vicino le sponde del lago …
Di fronte a me altre voci e altri uomini in uniforme con le armi spianate mi venivano incontro …Svoltai…
Nooo…presi uno dei piccoli pontili in fondo al quale dovetti fermarmi…
Urali disperato il mio sconforto e persi le speranze
-FERMO O ORIAMO IL FUOCO!!!!-
Una voce poco lontano mi intimò
-Meglio arrendermi.-
Mi dissi...
-Non sono stato io a colpire la donna!!!-
Mi voltai e davanti a me si parò un plotone di poliziotti con le armi puntate e dietro di loro, dietro la folla, la ragazza. La ragazza dei miei sogni, la ragazza del candelabro, la ragazza che amavo. Lei che si gustava la scena senza dire una parola in mia difesa.
Lentamente alzai le braccia in segno di resa, nella mano stringevo ancora uno dei rami che avevo strappato nel cespuglio di rovi e una voce dietro tutti gridò...
-E' armato! E' armato! Sparate, sparate!!-
Io non capii, ma i poliziotti aprirono il fuoco uno dopo l'altro e il mio povero corpo si accasciò in preda al dolore. Ero disteso per terra per metà fuori dal pontile il sangue mi inondava la faccia, gli occhi, vedevo sotto di me il lago che piano si avvicinava e l'odore acre della pattumiera lì dietro mi entrava nelle narici, non riuscivo più a muovermi. Cercai di far capir che ero ancora vivo, ma le parole non uscirono e il mio corpo non rispose non rispose più, mai più scivolando nel mio lago che ogni mattina rifletteva la vita sul soffitto della mia camera.
Le onde del lago mi cullavano e l’acqua fresca placava il bruciore che sentivo dentro di me, ombre ora scure e ora chiare si alternavano ballando nei miei occhi ma tutto diventava sempre più scuro,,,tutto più scuro…

Ora,’sono qui’ di nuovo davanti a quella casa, senza sapere esattamente chi o cosa sono.
Quel lago che ogni notte accompagnava i miei pensieri e che ogni mattina mi riportava i riflessi del sole, oggi mi ha ridato una possibilità, un segno.
Sono qui davanti a quella vecchia casa, non ho idea quanto tempo sia passato e forse non mi interessa neanche, ma vorrei vedere la ragazza. Fu lei a commettere quel delitto che io pagai con la vita, ora voglio portarmi via la sua, come lei fece con me.
Sono nell'ingresso di quella strana casa... Quell'ingresso che ho cercato di immaginare tante volte e per altrettante volte mi era stato negato, ora mi è accessibile.Questa volta non scapperò, qualsiasi cosa succeda, sono pronto a ritrovarmi faccia a faccia con il mio carnefice.
Tutto è silenzio, la casa è molto più grande di come la immaginavo. Un salottino spoglio e cadente si apre alla mia destra e di fronte a me le scale che portano al piano superiore sono ricoperte da un tappeto ormai logoro, calpestato da anni e mai cambiato.
Salgo.
Vi sono diverse porte, ma la luce fioca e tremolante si intravede soltanto da una di esse in fondo al corridoio. C'è odore di chiuso, un'aria fredda,fetida, che tuttavia vorrei mi fosse concesso respirare.
Attraverso la porta.
Una vecchia è seduta su di una sedia a rotelle arrugginita, la guardo, la osservo, è proprio lei! Quella splendida ragazza della quale un tempo ero innamorato. Il tempo non è stato clemente con lei, l'ha fatta sfiorire in maniera orribile. Lei si gira di scatto, mi guarda, esita, mi riconosce, ma il suo viso non modifica la maschera del tempo che l'ha segnata.
-Tu...Tu...Eri morto...Ti spararono!-
-Venni ucciso per colpa tua. Venni ucciso per un crimine che non commisi.-
E' seria e mi sta osservando, forse ha intuito il mio scopo.
- Allora ero giovane e non sopportavo l'arroganza di quella donna che, giorno dopo giorno, mi costringeva a prostituirmi. Quella mattina, quando ti vidi, mi sembrasti l'ultima possibilità per riprendermi la mia vita e così...-
-...E così lasciasti che mi uccidessero senza ragione.-
-Già.-
La sua espressione è quella di chi è soddisfatto, di chi è riuscito nel proprio intento, di chi non si pentirà mai di ciò che ha fatto.

Chiudo gli occhi, cercando di trovare in me una risposta, come comportarmi…avevo deciso che mi sarei portato via la sua vita, avevo deciso che doveva pagare il suo debito con me

Mi guardo intorno. La casa è fatiscente e lei è così vecchia che non sembra possa avere mai avuto una giovinezza. Le sue gambe secche non la reggono più in piedi e i segni sul suo volto le dipingono il freddo che ha nelle ossa. Nessuno entra più in questa casa da tanto tempo ormai, è evidente. Lei non si muove più da questa prigione da chissà quanto tempo, ma la sua voce mi distoglie dai miei pensieri.
-Sei venuto a uccidermi, vero? Dimmi che sei venuto a liberarmi da questo posto orribile!-
Sembra che mi supplichi di darle la morte. Le sue parole sono tremanti di paura, ma non è questo che volevo? Non volevo ucciderla?
No! Forse no!
-Dimmi che sei venuto a togliermi la vita, dimmi che mi ucciderai! Dimmelo! Hai capito! Devi dirmelo!-
Adesso so cosa voglio.

-Ho un regalo migliore! Ti regalerò quella vita che tu strappasti a me.
Rimarrai qui, da sola, per sempre.-
Ora è meglio uscire. Le imprecazioni di quella donna le sento ancora giù dalle scale. Riecheggiano per questa triste casa che ho sognato per tanto tempo e adesso non vedo l'ora di uscirne e di non rientrarvi mai più. Mi sono preso la mia vendetta. Ora sono tranquillo.
Ora quel lago che mi ha dato la possibilità di vendicarmi, potrà riprendersi i miei passi, i miei pensieri la mia ultima vita.

COMPAGNA

Sono sceso alla stazione di Bergamo, il posto era più desolato di quanto me lo ricordassi. La mia compagna era sempre vicino a me. Non la facevo parlare mai. Quasi mai.
Le foglie secche coprivano il piazzale fino alla strada. Non c’erano auto in giro. Dall’altra parte della strada c’era la stazione dei pullman, ma anche lì non c’era nessuno.
I negozi erano aperti e dentro c’erano delle persone immobili. Sono entrato per chiedere cosa stava succedendo, ma, ma.. che razza di scherzo era. Nessuno mi rispose. La mia compagna si stava innervosendo, io no. Io ero tranquillo. A un tratto ho sentito la commessa parlare, mi stava prendendo in giro ? Parlava in una lingua mai sentita. Ho chiesto, scusi signora, ma non la capisco, ma lei ha fatto il giro del banco e ci ha spinto fuori.
La mia compagna era furiosa, io non capivo. Lei è rientrata e ha sparato alla commessa. La donna mi guardava con gli occhi sgranati, si teneva una mano sul petto dal quale usciva un fiume di sangue, poi ha tossito ed è caduta.
Scappiamo, scappiamo ! !
Ma hai ucciso una persona, sei impazzita ?
Cosa cazzo te ne frega. Adesso muoviti prima che arrivi la pula,,,Dai ! !
Io non sapevo cosa fare, la mia compagna corse via e io con lei.
Abbiamo corso fino al Sentierone, poi ci siamo infilati in una gelateria. Ero sudato e avevo paura, una paura fottuta, lei no.
Adesso che facciamo ? Dove andiamo ?
Tutto intorno a noi si era fermato un’altra volta. Ogni cosa sembrava immobile, le persone sembravano manichini.
Cosa sta succedendo sant’Iddio ?
Non lo so, ma ci stanno cercando. Dobbiamo muoverci di qui.
Un cameriere venne da noi digrignando i denti.
Cazzo ! Ci hanno riconosciuto !
La mia compagna sparò. Sparò in faccia al cameriere che cadde all’indietro spruzzando sangue sulla gente lì intorno.
Io urlai, avevo paura, la gente urlò.
La mia compagna no.
Lei sparò
uno
due
tre
,
,
,
dieci
undici
dodici colpi.
La gente, per terra, urlava piena di sangue e io piangevo.
La mia compagna non era mai stata così violenta.
Una donna era sdraiata vicino a me con la faccia piena di sangue. Con le mani mi tirava la giacca e io avevo paura. La donna urlava, piangeva, il sangue le usciva dalla testa. Volevo vomitare, ma non riuscivo a smettere di piangere.
Muoviti ! Alzati e andiamo
No dai, perfavore, non voglio...
Siamo scappati davanti alla fontana del Donizzetti e io avevo la giacca, i pantaloni e le mani sporche di sangue. Mi sono sciacquato, ma non riuscivo bene, il sangue non se ne andava. Stavo ancora piangendo e tutto sembrava di nuovo fermo.
Ma perché l’hai fatto ? Io non so cosa ti è successo, non l’avevi mai fatto prima ?
Ce l’ho con la gente che mi prende in giro ! Ce l’ho con quelli che non ti rispondono mai ! Ce l’ho con la vita di merda che faccio ! Ecco perché l’ho fatto. Adesso non mi rompono più i coglioni.
Ma ora corriamo in stazione che il treno sta per partire.
Io non sapevo che dire, rimasi in silenzio. Riuscivo solo a tremare.
Abbiamo preso il treno al volo, ma lei, prima di partire ha sparato ancora, ormai così, per il gusto di farlo.

Siamo arrivati a casa e mi sono fatto la doccia. Solo ora ho smesso di tremare. Lei è di là sul letto. Ferma, immobile. Lei vuole che la prenda ancora, ma domani devo andare in ufficio presto, non posso.
Mi metto il pigiama e vado in camera, mi infilo sotto le coperte, apro il cassetto del comodino e rimetto al suo posto Lei, la mia pistola, la mia compagna.
Buonanotte.

Racconti

Negli anni mi sono anche permesso di scrivere alcun racconto alcuna "poesia"...bhe vi butto dentro qualche raccontino qui e la e poi vediamo...
Il video che ho montato del centro sub dove ho lavorato...

Alcuni dei video sub...



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